
Dopo l’uscita dell’ultimo disco Quanto (2022) e il successivo tour, che li ha visti sverniciare i palcoscenici di tutta Italia per 80 incredibili concerti, la band di Correggio torna a complicarci la vita, rendendola infinitamente migliore, come fa da più di vent’anni a questa parte.
E lo fa con una canzone che prende il titolo da una scuola di pensiero diffusasi nei primi decenni del ‘900 e che, tra le varie tesi, approfondisce l’esistenza di errori di percezione creati dal nostro cervello, che ci inducono a creare strutture che nella realtà non esistono. La profondità immediata del testo si rispecchia nella musica, in cui le riconoscibilissime sonorità della band, che scorrono avvolgenti, potenti e oscure tra posthard-core e emo-core, plasmano un crescendo in 6/8 che poi si spezza, perde una pulsazione all’interno della battuta e diventa dispari, smarrisce la sua simmetria.
Gestalt è il primo pezzo – inteso sia come canzone sia come elemento di un puzzle, o meglio ancora, per restare a tema, come prima sinapsi – che anticipa alcune delle domande e delle riflessioni contenute in Temporale.
Non esiste un’esperienza del mondo “ingenua”, ogni percezione è mediata dal cervello. Spiegano i Gazebo Penguins. Tendiamo a dare un significato più grande al tutto rispetto alle parti che lo compongono. Percepiamo il mondo in base a schemi che anticipano la sensazione, che organizzano il percepito ancora prima di esperirlo.
Gestalt prova a parlare di identità quando non siamo coscienti della nostra identità, della percezione della realtà quando la realtà sembra essere sempre qualcos’altro rispetto a quello che ne sappiamo, della scansione del tempo quando il tempo “in sé” sembra non contemplare alcuna settimane né tantomeno alcun lunedì, per finire nel mare.
La profondità immediata del testo si rispecchia nella musica, in cui le riconoscibilissime sonorità della band, che scorrono avvolgenti, potenti e oscure tra posthard-core e emo-core, plasmano un crescendo in 6/8 che poi si spezza, perde una pulsazione all’interno della battuta e diventa dispari, smarrisce la sua simmetria.
Sembra quasi che sia ancora troppo presto per avere una risposta, ed è proprio così.
Gestalt è infatti solo il primo pezzo – inteso sia come canzone sia come elemento di un puzzle, o meglio ancora, per restare a tema, come prima sinapsi – che anticipa alcune delle domande e delle riflessioni contenute in Temporale. Un concept album che parla del cervello e delle sue stratificazioni in modo profondo e affascinante ma al tempo stesso comprensibile e immediato, muovendosi con brillantezza – e assoluta cognizione di causa – tra neuroscienze e filosofia della mente.
In un mondo in costante ricerca di semplificazioni, che rimuove sempre più ogni forma di approfondimento o alterità, che banalizza e uniforma, non è decisamente cosa da poco.